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15
Agosto
2016

Fieramente antimoderno

Il nuovo barocco di Philippe Casanova, di Tommaso Megna

Il Barocco è fascinazione, sovrastruttura; una macchina teatrale congegnata non per farti riflettere, ma per rapirti. Musica, incensi, dorature, visioni estatiche, martiri cruenti: ecco, da quassù dovresti " riflettere"! Ed è chiaro che è tutto un artificio, una messa in scena, pressione psicologica. La Chiesa romana, malgrado l' infinità durata del Concilio di Trento, relegò tra le ultime una delle questioni più scottanti poste da Lutero e decisiva per la nostra cultura: le imagini. Era lecito o no ammeterle in una chiesa? Cosa avrebbero dovuto trovare in San Pietro, ad esempio, i millioni di pellegrini che di lì a poco si sarebbero riversati a Roma per il Giubileo ( 1575 e poi 1600)?(...) Sono sicuro che Philippe Casanova sotto una di quelle cupole seicentesche abbia provato lo stupore ed insieme la leggerezza di quei pellegrini che andavano scoprendo le meraviglie di Roma: ne è rimasto avvinto e affascinato, tanto da dover cambiare città. Da una posizione moderna e "facile"come quella del fumetto si è lasciato trasportare in luoghi infidi, popolati non solo da fantasmi del calibro di Bernini, Borromini, Cortona (ci si può forse misurare con loro?) ma anche da critici non certo ben disposti verso la figura. In questo senso Casanova è antimoderno, fieramente antimoderno. Sul filo di una ricerca che lo ha condotto a confrontarsi non solo col rischio di trovarsi ai margini ma anche con quello di non trovare una chiave possibile, una logica.(...) Conosco Philippe da una serata di molti anni fa tra i tetti di Roma e da allora la sua risposta ostinata, il suo metodo, è sempre la stessa: la pittura. Forse agevolato dalla carta che esclusivamente utilizza come supporto, Philippe dipinge molto, sperimenta; si muove incessantemente tra i soggetti dei suoi dipinti come usasse uno zoom: talvolta si sofferma su un particolare, talaltra preferisce allargare. Intuisce in questo modo dei ritmi, degli scorci, dei " sott'in su" che sono essi stessi delle creature barocche: è il caso del S. Matteo, del Longino, degli angeli " danzanti" di Ponte Sant' Angelo. E' evidente in questi dipinti, ma a ben vedere in tutte le opere davvero riuscite di Casanova, l' uso spregiudicato e sapiente della luce che è il cuore stesso della sua messa in scena. Radente o piena, talvolta filtrata dalle vetrate e dunque più densa, essa è il vero elemento drammatizzante dei suoi dipinti: in alcuni casi però, Philippe anziché accendere la materia, traendola dal buio, preferisce disfarla, lasciarla come evaporare ottenendo un' imagine che si perde alla deriva, dando quasi la sensazione di osservare la trame di un tessuto. I fermenti e la tensione di cui sono cariche le sue opere sembrano dissiparsi solo all' aperto: una parte rilevante del lavoro di Casanovaè , infatti, di pura " vedutta". Sono luoghi sempre precisi ed anch' essi legati al Barocco per i quali Philippe ha un approccio molto diverso, apparentemente più distaccato: rinuncia ad esmpio al grande formato e ad alcune forzature formali, come le abituali inquadrature sghembe; rasserena inoltre la tavolozza e sembra cosi perseguire un obiettivo puramente estetico. I pini allungati fino al cielo, la gradevolezza degli accordi cromatici, i tocchi in punta di pennello sono la cifra personale di questa serie di quadretti sempre privi di figure e sempre sottilmrente evocativi. E' come se l' artista cercasse di chiamare a raccolta tutti i suoi fantasmi, come se la natura ed il sole gli offrissero finalmente la possibilità di un incontro alla pari.