Il Barocco che non muore (Olimpia Ratto Vaquer / www.thema.es)
Philippe Casanova. Francese ma un cognome italianamente parlante di passioni. La Chiesa Nuova si sa è di 500 anni fa, ma la Città Eterna ha una sua scala temporale. Il fattore comune? Una passione condivisa, intensa, continua, per l' arte. Una ricerca in tensione verso Cristo e la Bellezza. E ancora vivo il rapporto di San Filippo con gli artisti, con il Barocci, con lo stesso Michelangelo, che tanto fu commosso da Filippo Buono, che pare l' abbia seguito a cavallo lungo le Sette chiese, ancora oggi peregrinate dagli Oratoriani.
Un' arte che non ha uno stile, che non si rinchiude in una corrente artistica, ma abbate la barriere dei secoli e ci arriva straordinariamente attuale. Perché i cuori vibrano ancora con gli stessi aneliti, e la scenografia barroca non smetterà mai di sorprenderci, come non terminerà mai la commozione davanti al Crocifisso, quella sofferenza, il senso più puro e vero dell' Amore.
Per Philippe Casanova la sua pittura è viatico, un mezzo nella sua ricerca di senso e di Fede, ma anche un racconto di quel percorso.
Le sue architetture dipinte non ci descrivono la raffinatezza degli ori e degli stucchi, non ci rendono la bellezza degli affreschi ma ci restituiscono la meraviglia che proveremmo nel vederli. Le pennellate vibrante, veloci, sono una prosecuzione della luce che arriva nelle opere di C. Lo dice lui stesso: "sono uno francese, non posso non peccare di impressionismo". '600-'800, barocco e impressionismo, ci vuole una mente del 2000 per unirli. Un occhio sufficientemente lontano da comprenderli allo stesso modo. Ed è cosi che un Rubens diviene un Monet, che una Villa Medicis sembra quasi trovarsi in Provenza. Comprensibile l' impressionismo quindi, ma perché proprio il Barocco? Perché non un più confortante romanico? Di nuovo C. risponde: "il Barocco è la sintesi dell' umanesimo occidentale, raggiungendo l' espressionismo cristiano, è rappresentazione ed esaltazione della Bellezza, quella che deve invogliarci a raggiungere il paradiso. Roma e il Barocco. Nel cuore della Cristianità è tutt' ora lo stile che più la rappresenta. E il mio spunto, la mia libero pista di slancio".
In occasione del V centenario della nascità di San Filippo Neri i padri Oratoriani hanno commissionato a C. una tela dalle grande dimmensioni da porre nel Corridoio. In occasione della festa del Santo, il 26 maggio è avvenuto lo svelamento. L' artista la definisce un' opera di passaggio. Non da contemplare ma da osservare mentre si attraversa il corridoio che va alla sagrestia e alla chiesa. Il quadro commincia ben prima di dove si penserebbe. Entrando in anticamera infatti se ne intravede la porzione superiore, dal sovraporta vetrato che apre sul corridoio borrominiano. In un ovalo di stucchi dorati è ritratto il volto del Santo con lo sguardo mistico verso la fonte di luce, chiara rappresentazione dello Spirito. Aperta la porta ci ritroviamo davanti la cappella della Presentazione al tempio, con la tela del Barocci che tanto fu caro al Santo. Da questo particolare si giustifica la scelta della cappella. La luce giocha un ruolo primario nella composizione. Arriva dall' alto, da sinistra, pare fuoriuscire dall' arco del grande finestrone vicino. Nella vera cappella manca una apertura in quella direzione, ma le luce di mezzogiorno proveniente dalla cupola mantengono quella stessa inclinazione. La collocazione della tela è studiata al dettaglio, spostarla ne travierebbe il senso, svuotandola come purtroppo accade per tante meraviglie sacrificate nei musei...
L' opera non è una mera riproduzione della cappella, viene qui invece vivificata. Non vi sono creature vivente eppure nulla è immobile. La luce mette tutto in movimento, gli elementi statici degli ordini sono pervasi dallo spirito. Dai paramenti delle paraste partono delle lingue come di fuoco, delle volute di fiamme che l' artista è riuscito a dipannare con colpi di pennelo dall' ordito damascato. Gli arrazzi quindi si incendiano arrivando al volto del Santo, un volto sereno che ci rassicura sulla natura di questo fuoco. La palpitazione della tela e la stessa del Santo quando ad una stanza di distanza poteva udirsi il suo battito, generato da un cuore dalle dimensioni raddoppiate.
La fatica più grande?-"Inserirsi nell' ordito di Borromini, una gioia e un onore".
Olimpia Ratto Vaquer, Giugno 2015
Pubblicato in: www.thema.es
E nel blog: Ars ad Olimpia